lunedì 3 marzo 2014

Putin, l'Europa e Star Wars

Una dolce orchestra polifonica di europei sopra le parti accompagna in questi giorni il dibattito grossolano, sempre ai limiti della superficialità bene vs male, sulla crisi ucraina e imminente, se non già in atto, guerra civile.

Basta farsi un giro sui siti dei principali quotidiani italiani e, a onor del vero, anche stranieri per rintracciare una sequela di annunci e moratorie da parte di scalmanati pacifisti dell'ultima ora: "Putin è fuori dalla realtà" sussurra la Merkel all'orecchio dello spione telefonico Obama, "se non fosse per le mire di Putin la situazione in Eurozona non sarebbe tanto male" scrive il Sole 24 Ore con un deciso gusto per l'umorismo parallelo, parafrasando il pensiero di Mario Draghi.
Insomma, siamo alla solita caccia alle streghe, rigorosamente extracomunitarie, colpevoli dichiarate dei nostri mali.

Lungi da qualsiasi simpatia per il leader russo, che nel mio personale immaginario si delinea come uno Smigol dopo un intenso periodo di chemioterapia forzosa, la ricerca del nemico fuori dalle mura è una pratica che trovo semplicemente insopportabile.


Certo, la Russia di Putin nutre interessi strategici in Ucraina ed agisce di conseguenza, non serviva il dottorato in Relazioni Internazionali per capirlo, bastava aver guardato intensamente l'atlante De Agostini a cinque anni.

Apriti cielo: la cattiveria russa, l'intransigenza sovietica che non guarda in faccia alla vita delle persone, la vodka e le patate, l'assedio a Leningrado, anche Napoleone a momenti ci lasciava le penne perché "quelli piuttosto che farsi catturare preferiscono morire di fame e di stenti nel rigido inverno della pianura Sarmatica" e un folto elenco di baggianate tratte dai sussidiari di tutto il mondo.

Un vero peccato non possedere la stessa fermezza, lo stesso coraggio di denuncia, quando sono i caccia francesi a bombardare una ex colonia in nome dell'esportazione di pace, abbracci e tulipani, o quando gli aeroplanini di carta italiani compiono passeggiate volanti sopra il cielo di Libia - ma si sa "solo a dare un'occhiata" perché italiani "brava gente" che non sganciano le bombe.

Il problema è sempre lo stesso: due metri e due misure, unità di riferimento da rispolverare quando si accendono i fuochi di un "guerra fredda" che forse mai è cessata.

I russi hanno prestato, prestano e presteranno denaro al governo ucraino per continuare ad alimentarne il debito, non perché sono angeli caduti dal cielo ma perché da questa operazione ottengono una qualche forma di contropartita.
L'Unione Europea balbuziente fa fatica a gestire i propri conti interni senza riaccendere spinte para nazistoidi o di altra sgradevole natura - figuriamoci se potrebbe mai sobbarcarsi oneri economici nei confronti di paesi terzi.

Quando la stessa operazione compiuta dall'amministrazione Putin la compiono paesi cosiddetti virtuosi o istituzioni magicamente sovranazionali nei confronti del resto del mondo, non sento gridare allo scandalo.

Di solito funziona così: il Fondo Monetario Internazionale, o chi per lui, può andare con la propria delegazione in qualche paese esotico dal clima ospitale e concordare trance di pagamenti in cambio del famosissimo pacchetto di riforme, per trasformare quel paese in produttivo e concorrenziale.

Dopo di che le riforme possono anche prevedere la liberalizzazione del culo di ogni singolo cittadino di quel paese, ma a nessun reporter d'assalto la cosa sembra particolarmente interessare - forse tutti troppo impegnati a gustarsi le prelibatezze che la natura a sud dell'equatore può offrire, per trovare il tempo di scrivere due righe d'indignazione che comunque nessuno si cagherebbe nemmeno di striscio.
Sicuramente non gridano all'assalto egemonico ad un paese libero che mina il suo diritto all'autodeterminazione, piuttosto dicono che "non c'era altra soluzione", mostrando il loro smodato amore per la prassi democratica.

Chi non risolve i propri problemi difficilmente può risolvere quelli degli altri, ammesso e non concesso che gli "altri" invochino a gran voce il nostro aiuto.

Per il momento, ogni qual volta siamo intervenuti in qualche conflitto, abbiamo creato più danni che misericordia: bastino l'Iraq e la lotta al terrorismo a tenere arzilla la nostra memoria.

Lo spettacolo indecente di vedere fiumane di parole tratte dallo statuto di Amnesty, sempre e soltanto quando il "nemico" si trova a cinquemila chilometri di distanza, più ancora che sorridere, provoca disgusto.

Prima la si smetterà di considerare le nostre inette burocrazie come le depositarie degli assoluti valori umani e solo allora ci sarà concesso di esprimerci senza passare per stronzi, nella migliore delle ipotesi, o idioti nella peggiore di queste.


Nessun commento:

Posta un commento