È uno sporco lavoro ma qualcuno lo
dovrà pur fare.
E quindi visto che sicuramente non
c'avete sbatti e che al venerdì sera dovete uscire di casa convinti
di rimorchiare per poi tornare a bocca asciutta nel letto a
stimolarvi il sesso, io sono rimasto barricato al sesto piano,
uscendo solo per acquistare delle Moretti pakistane, a sorbirmi il
palinsesto del piccolo schermo italico.
A una certa ho beccato Virus,
il programma di approfondimento politico – se per approfondimento
intendete la superficialità – condotto da Nicola Porro,
vicedirettore de Il Giornale anche se ogni tanto fa finta di
dimenticarselo, soprattutto quando vuole imbucarsi alle Feste
dell'Unità.
Che botta di culo
direte voi! Peccato che la puntata consistesse in dodici ore
d'intervista in apnea a Marrazzo, sfavoleggiando su una rima fin
troppo facile e sul pentimento di un uomo che è pur sempre in fin
dei conti un uomo. Eh Eh bella la logica.
Dopo qualche
minuto insensato usato per parlare dei risultati politici di Marrazzo
come governatore – che è un po' come far finta di essere
interessati ai buchi della sanità laziale all'epoca di Anco Marzio –
Porro fa virare l'intervista sugli unici argomenti degni d'interesse:
la coca, il transessuale, il ricatto, il filmino, la moglie, le
figlie e tutto il resto, dimostrando una volta di più che fra
l'essere un giornalista e condurre “C'è posta per te” il passo è
brevissimo.
Marrazzo in realtà
si “difende” in maniera più che condivisibile, sostenendo che
lui ha sbagliato da uomo ma non da politico, che la vita privata e
quella pubblica andrebbero scisse (verissimo, ma ogni volta che lo
sento è come se Ghedini mi stesse ficcando un alluce con tanto di
unghia incarnita su per il culo), che ha fatto soffrire la sua ex
moglie e che contro di lui fu scatenata una diffamatoria campagna di
stampa all'epoca dei fatti.
Porro sembra
godere come una cagnetta in calore e si comporta come se avesse un
leggero deficit cognitivo: non riesce a pronunciare senza
impappinarsi la parola transessuale e quindi improvvisa imbarazzanti
siparietti con le sue labbra, durante i quali balbetta
“tr-tra-tran-trans-”, scoppiando in mefistofeliche risate
glottidali.
Quando si riprende
dagli spasmi decide di adottare lo stile comprensivo-politically
correct che lo ha sempre contraddistinto nell'arco della sua
carriera; inveisce contro la categoria dei giornalisti che sbirciano
attraverso lo spioncino, contro questa stampa gossippara guardona che
non sa farsi i fatti suoi (un po' la prerogativa dell'informazione),
contro i suoi colleghi e se stesso che quotidianamente infarciscono
le rotative con le cucine del cognato di Fini, gli amori della
Marcegaglia, il ventre panciuto e ingrigito di Vendola, la villa di
Grillo – o qualunque stronzata passi loro per la testa.
Già. Perchè
forse Porro non se lo ricorda, ma ai tempi del “caso Marrazzo”
lui di mestiere non faceva l'arrotino o il ciambellaro, ma il
giornalista sulla testata di proprietà della famiglia Berlusconi, e
io non ricordo di aver letto editoriali inferociti contro l'uso di
informazioni che non andrebbero divulgate. Anzi ricordo un bel
marciare con i chiodati sulla dignità di una persona.
Ricordo pure per
gli smemorandi nostrani, che fu Silvio Berlusconi ad informare
Marrazzo via telefono di possedere – così per puro caso, ci si era
imbattuto – il filmato del governatore in dolce compagnia di un
transessuale e della sua cocaina. Telefonata che forse poteva suonare
velatamente minacciosa, voi che ne dite?
Fa
sempre piacere vedere gli infiniti Porro di cui disponiamo arrivare
da Marte e atterrare a viale Mazzini che si stupiscono per gli
accadimenti passati, mentre cercano di ricostituirsi una sana
verginità – magari sulla Rai che fino al giorno prima era una nota
azienda bolscevica, visto che si lavorava per la concorrenza.
Ma
sul finire della puntata capisco tutto quello che mi era sfuggito
fino a quel momenti e cioè che Marrazzo sta per tornare a casa con
un nuovo programma che si chiamerà Razza Umana,
che peraltro Porro introduce usando a minchia la più inflazionata
citazione di Einstein di cui si abbia ricordo – quella di
“appartengo alla razza umana”.
Quindi il tono
comprensivo, la solidarietà del programma, l'ospite particolare e
tutto il resto sono in sostanza una discreta trovata promozionale per
lanciare il nuovo format. Difatti è curioso che in questi anni
nessuno dei conduttori di talk show abbia mai invitato Marrazzo a
fornire la sua verità sulla vicenda, mentre la sua sostituta al
governo della regione Lazio, la simpatica Renata Polverini,
dimostrava di essere una fascistella incapace in tutto tranne che a
gridare, circondata da una giunta di ladri gladiatori coglioni che
arraffavano il bottino con modi da Far West.
Eppure una
confessione in diretta sugli errori commessi dal Marrazzo avrebbe
fatto scalpore, come minimo audience e titoli di prima pagina in
questo paese di bigotti che scagliano la prima pietra. Invece non ci
ha pensato mai nessuno fra i brillanti intenditori di televisione che
affollano il paese, ma ci è arrivato Porro – in sostanza un
giornalaio prestato al giornalismo – dietro preciso ordine della
dirigenza di Rai due.
E così anche il
“giusto ritorno alla vita” di uomo che ha dovuto subire uno
sputtanamento volgare, fasullo e indecente, che ha visto rovinata
almeno in parte la propria famiglia, costretto ad anni di oblio e
nascondiglio dentro un monastero, assume i contorni della miseria.
Marrazzo torna
giustamente a fare televisione, visto che solitamente il proprio
mestiere lo si sa fare a prescindere dalla persone con cui si scopa,
o almeno così mi spiegava il prete a catechismo – o forse era
Cruciani su La Zanzara, non ricordo più – ma anche il suo ritorno
lascia in bocca qualcosa di amaro, come la sua sparizione di quattro
anni or sono.
È l'amaro della
paraculaggine di tanta gente che l'ha sputtanato, o che non ha mai
fatto nulla per difenderlo, e ora predica da ben pensante.
L'amaro nel vedere
una persona macchiata a vita per una scelta morale, magari sbagliata
(poi un giorno quando avete tempo mi fornite la definizione
universale di giusto e sbagliato), ma pur sempre morale e quindi
individuale, che non potrà mai ripulirsi del tutto – tanto è
stato il fango spalatogli addosso dalle ruspe del pensiero.
L'amaro
che sento ogni volta, quando una confessione viene trasformata in
pentimento, il pentimento in richiesta di perdono e la richiesta in
concessione: la concessione
di
coloro che non hanno mai sbagliato.
E
che non sbaglieranno mai, seduti sui loro divani.
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