sabato 19 ottobre 2013

Travestiti. Da giornalisti.

È uno sporco lavoro ma qualcuno lo dovrà pur fare.

E quindi visto che sicuramente non c'avete sbatti e che al venerdì sera dovete uscire di casa convinti di rimorchiare per poi tornare a bocca asciutta nel letto a stimolarvi il sesso, io sono rimasto barricato al sesto piano, uscendo solo per acquistare delle Moretti pakistane, a sorbirmi il palinsesto del piccolo schermo italico.

A una certa ho beccato Virus, il programma di approfondimento politico – se per approfondimento intendete la superficialità – condotto da Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale anche se ogni tanto fa finta di dimenticarselo, soprattutto quando vuole imbucarsi alle Feste dell'Unità.

Che botta di culo direte voi! Peccato che la puntata consistesse in dodici ore d'intervista in apnea a Marrazzo, sfavoleggiando su una rima fin troppo facile e sul pentimento di un uomo che è pur sempre in fin dei conti un uomo. Eh Eh bella la logica.

Dopo qualche minuto insensato usato per parlare dei risultati politici di Marrazzo come governatore – che è un po' come far finta di essere interessati ai buchi della sanità laziale all'epoca di Anco Marzio – Porro fa virare l'intervista sugli unici argomenti degni d'interesse: la coca, il transessuale, il ricatto, il filmino, la moglie, le figlie e tutto il resto, dimostrando una volta di più che fra l'essere un giornalista e condurre “C'è posta per te” il passo è brevissimo.

Marrazzo in realtà si “difende” in maniera più che condivisibile, sostenendo che lui ha sbagliato da uomo ma non da politico, che la vita privata e quella pubblica andrebbero scisse (verissimo, ma ogni volta che lo sento è come se Ghedini mi stesse ficcando un alluce con tanto di unghia incarnita su per il culo), che ha fatto soffrire la sua ex moglie e che contro di lui fu scatenata una diffamatoria campagna di stampa all'epoca dei fatti.

Porro sembra godere come una cagnetta in calore e si comporta come se avesse un leggero deficit cognitivo: non riesce a pronunciare senza impappinarsi la parola transessuale e quindi improvvisa imbarazzanti siparietti con le sue labbra, durante i quali balbetta “tr-tra-tran-trans-”, scoppiando in mefistofeliche risate glottidali.

Quando si riprende dagli spasmi decide di adottare lo stile comprensivo-politically correct che lo ha sempre contraddistinto nell'arco della sua carriera; inveisce contro la categoria dei giornalisti che sbirciano attraverso lo spioncino, contro questa stampa gossippara guardona che non sa farsi i fatti suoi (un po' la prerogativa dell'informazione), contro i suoi colleghi e se stesso che quotidianamente infarciscono le rotative con le cucine del cognato di Fini, gli amori della Marcegaglia, il ventre panciuto e ingrigito di Vendola, la villa di Grillo – o qualunque stronzata passi loro per la testa.

Già. Perchè forse Porro non se lo ricorda, ma ai tempi del “caso Marrazzo” lui di mestiere non faceva l'arrotino o il ciambellaro, ma il giornalista sulla testata di proprietà della famiglia Berlusconi, e io non ricordo di aver letto editoriali inferociti contro l'uso di informazioni che non andrebbero divulgate. Anzi ricordo un bel marciare con i chiodati sulla dignità di una persona.

Ricordo pure per gli smemorandi nostrani, che fu Silvio Berlusconi ad informare Marrazzo via telefono di possedere – così per puro caso, ci si era imbattuto – il filmato del governatore in dolce compagnia di un transessuale e della sua cocaina. Telefonata che forse poteva suonare velatamente minacciosa, voi che ne dite?

Fa sempre piacere vedere gli infiniti Porro di cui disponiamo arrivare da Marte e atterrare a viale Mazzini che si stupiscono per gli accadimenti passati, mentre cercano di ricostituirsi una sana verginità – magari sulla Rai che fino al giorno prima era una nota azienda bolscevica, visto che si lavorava per la concorrenza.

Ma sul finire della puntata capisco tutto quello che mi era sfuggito fino a quel momenti e cioè che Marrazzo sta per tornare a casa con un nuovo programma che si chiamerà Razza Umana, che peraltro Porro introduce usando a minchia la più inflazionata citazione di Einstein di cui si abbia ricordo – quella di “appartengo alla razza umana”.

Quindi il tono comprensivo, la solidarietà del programma, l'ospite particolare e tutto il resto sono in sostanza una discreta trovata promozionale per lanciare il nuovo format. Difatti è curioso che in questi anni nessuno dei conduttori di talk show abbia mai invitato Marrazzo a fornire la sua verità sulla vicenda, mentre la sua sostituta al governo della regione Lazio, la simpatica Renata Polverini, dimostrava di essere una fascistella incapace in tutto tranne che a gridare, circondata da una giunta di ladri gladiatori coglioni che arraffavano il bottino con modi da Far West.

Eppure una confessione in diretta sugli errori commessi dal Marrazzo avrebbe fatto scalpore, come minimo audience e titoli di prima pagina in questo paese di bigotti che scagliano la prima pietra. Invece non ci ha pensato mai nessuno fra i brillanti intenditori di televisione che affollano il paese, ma ci è arrivato Porro – in sostanza un giornalaio prestato al giornalismo – dietro preciso ordine della dirigenza di Rai due.

E così anche il “giusto ritorno alla vita” di uomo che ha dovuto subire uno sputtanamento volgare, fasullo e indecente, che ha visto rovinata almeno in parte la propria famiglia, costretto ad anni di oblio e nascondiglio dentro un monastero, assume i contorni della miseria.

Marrazzo torna giustamente a fare televisione, visto che solitamente il proprio mestiere lo si sa fare a prescindere dalla persone con cui si scopa, o almeno così mi spiegava il prete a catechismo – o forse era Cruciani su La Zanzara, non ricordo più – ma anche il suo ritorno lascia in bocca qualcosa di amaro, come la sua sparizione di quattro anni or sono.

È l'amaro della paraculaggine di tanta gente che l'ha sputtanato, o che non ha mai fatto nulla per difenderlo, e ora predica da ben pensante.

L'amaro nel vedere una persona macchiata a vita per una scelta morale, magari sbagliata (poi un giorno quando avete tempo mi fornite la definizione universale di giusto e sbagliato), ma pur sempre morale e quindi individuale, che non potrà mai ripulirsi del tutto – tanto è stato il fango spalatogli addosso dalle ruspe del pensiero.

L'amaro che sento ogni volta, quando una confessione viene trasformata in pentimento, il pentimento in richiesta di perdono e la richiesta in concessione: la concessione di coloro che non hanno mai sbagliato.


E che non sbaglieranno mai, seduti sui loro divani.

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