C'è uno spettro che si aggira per
l'Europa ed è quello del cadavere in via di putrefazione di Eric
Priebke.
Unico esemplare di bara semovente che
si sposta per il bel paese alla ricerca della sua fissa dimora.
Eppure vi avevo avvisato di non
montarci un caso sopra, di lasciare perdere l'ennesima pantomima
della stampa italiana, perché come si gridava negli slogan
stilisticamente impeccabili di un tempo “l'unico nazista buono è
il nazista morto”. Appunto.
Invece oggi esce il videotestamento di
Priebke che attira pubblicisti come le mosche sulla merda.
Ovviamente le solite dichiarazioni
auto-assolutorie, nun sugni stato io, me lo hanno ordinato, ero
molto giovane e indifeso, anche i comunisti hanno ammazzato delle
persone sapendo che questo avrebbe scatenato una rappresaglia.
E che cosa vi
aspettavate?
Mi spiego meglio:
che cosa vi aspettavate dall'intervista di un nazista mai pentito,
fuggitivo per cinquant'anni, incalzato solo da una telecamera
piuttosto accondiscendente e dalle domande del proprio avvocato?
Vi aspettavate una
confessione scritta e firmata con il sangue? Una richiesta di grazia
e perdono con tanto di lacrime a fiotti e genuflessione?
La risposta è no.
Vi aspettavate l'ennesima prova di schifosa coerenza con se stesso,
da parte di una persona che ha commesso errori – ma di quegli errori che non si perdonano mai – e che prova a salvarsi
nell'orgoglio.
Non ci serviva il
testamento spirituale di un boia, ci bastava la carta straccia con
cui alcuni simpatici revisionisti nostrani riempiono i loro libri,
passando per coloro che vogliono onorare anche il “sangue dei
vinti”, giusto per citarne uno.
Priebke dice anche
di pensare ai morti con venerazione e di “sentirsi unito ai vivi
nel loro dolore”. Ma che tenero! Lo disse anche nell'aula del
Tribunale che lo condannò nel 1996 e non gli portò molta fortuna –
sicuramente non suscitò clemenza nella corte.
Non vedo perché
ora la stessa frase dovrebbe salvarlo dal ricordo maledetto che i
posteri ne avranno, in qualche modo redimerlo o modificare la memoria
che porteremo di lui e dei suoi baldi compari.
L'unica cosa che
conta sono gli atti che in qualità di ufficiale delle SS ha
commesso.
Che poi fosse
cristiano credente, praticante, induista del terzo tipo, cieco,
sordo, muto o stupido è del tutto irrilevante. Se ha o non ha negli
anni successivi alle Ardeatine coltivato un rapporto personale con
Dio o le anime delle vittime e faccenda che non ci riguardi; buon per
lui se questa conversione fuori tempo massimo lo dovesse salvare
dalle fiamme degli inferi per l'eternità, ma qui sulla Terra ce ne
battiamo allegramente e altrettanto dovrebbero fare i mezzi
d'informazione che ne parlano con tanto vigore.
Per parafrasare le
sue ultime dichiarazioni – Priebke ora potrà pensare ai vivi con
venerazione e sentirsi unito ai morti nel loro dolore – trovandosi
nella stessa condizione.
Se dobbiamo per
forza parlare di qualcosa ricordiamo qualche verso:
Dimenticate, o figli , le nuvole di
sangue
salite dalla terra, dimenticate i
padri:
le loro tombe affondano nella
cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono
il loro cuore.
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