giovedì 17 ottobre 2013

Uomo del mio tempo

C'è uno spettro che si aggira per l'Europa ed è quello del cadavere in via di putrefazione di Eric Priebke.

Unico esemplare di bara semovente che si sposta per il bel paese alla ricerca della sua fissa dimora.

Eppure vi avevo avvisato di non montarci un caso sopra, di lasciare perdere l'ennesima pantomima della stampa italiana, perché come si gridava negli slogan stilisticamente impeccabili di un tempo “l'unico nazista buono è il nazista morto”. Appunto.

Invece oggi esce il videotestamento di Priebke che attira pubblicisti come le mosche sulla merda.
Ovviamente le solite dichiarazioni auto-assolutorie, nun sugni stato io, me lo hanno ordinato, ero molto giovane e indifeso, anche i comunisti hanno ammazzato delle persone sapendo che questo avrebbe scatenato una rappresaglia.

E che cosa vi aspettavate?
Mi spiego meglio: che cosa vi aspettavate dall'intervista di un nazista mai pentito, fuggitivo per cinquant'anni, incalzato solo da una telecamera piuttosto accondiscendente e dalle domande del proprio avvocato?

Vi aspettavate una confessione scritta e firmata con il sangue? Una richiesta di grazia e perdono con tanto di lacrime a fiotti e genuflessione?

La risposta è no. Vi aspettavate l'ennesima prova di schifosa coerenza con se stesso, da parte di una persona che ha commesso errori – ma di quegli errori che non si perdonano mai – e che prova a salvarsi nell'orgoglio.
Non ci serviva il testamento spirituale di un boia, ci bastava la carta straccia con cui alcuni simpatici revisionisti nostrani riempiono i loro libri, passando per coloro che vogliono onorare anche il “sangue dei vinti”, giusto per citarne uno.

Priebke dice anche di pensare ai morti con venerazione e di “sentirsi unito ai vivi nel loro dolore”. Ma che tenero! Lo disse anche nell'aula del Tribunale che lo condannò nel 1996 e non gli portò molta fortuna – sicuramente non suscitò clemenza nella corte.

Non vedo perché ora la stessa frase dovrebbe salvarlo dal ricordo maledetto che i posteri ne avranno, in qualche modo redimerlo o modificare la memoria che porteremo di lui e dei suoi baldi compari.
L'unica cosa che conta sono gli atti che in qualità di ufficiale delle SS ha commesso.
Che poi fosse cristiano credente, praticante, induista del terzo tipo, cieco, sordo, muto o stupido è del tutto irrilevante. Se ha o non ha negli anni successivi alle Ardeatine coltivato un rapporto personale con Dio o le anime delle vittime e faccenda che non ci riguardi; buon per lui se questa conversione fuori tempo massimo lo dovesse salvare dalle fiamme degli inferi per l'eternità, ma qui sulla Terra ce ne battiamo allegramente e altrettanto dovrebbero fare i mezzi d'informazione che ne parlano con tanto vigore.

Per parafrasare le sue ultime dichiarazioni – Priebke ora potrà pensare ai vivi con venerazione e sentirsi unito ai morti nel loro dolore – trovandosi nella stessa condizione.

Se dobbiamo per forza parlare di qualcosa ricordiamo qualche verso:

Dimenticate, o figli , le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

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