martedì 17 dicembre 2013

Il giorno in cui Barbara Spinelli prese a calci Eugenio Scalfari

Lo dico a favore di telecamere: nulla di personale contro Eugenio-quanto-mi-piace-Montale Scalfari, solo che a forza di non andare a messa la domenica ho sostituito quel remoto intrattenimento infantile con qualcosa di molto più spregevole; un'omelia cartacea di editorialisti sull'orlo della morte per autocompiacimento volontario.

Sarebbe già abbastanza sgradevole di per sé se un qualunque fondatore di un qualunque giornale della galassia se la prendesse con quella che è probabilmente la migliore firma (si, anche se è donna miei cari) dell'intero quotidiano in questione.

Diventa orribilmente una battaglia dal risultato scontato se a cozzare sono le penne di Barbara Spinelli - fine intellettuale che non usa i propri studi per propagandare la grandezza ciclopica di Enrico Letta ma per fare della sana opinione pedagogica -  con quella del barba grigia che ha scoperto Nietzsche l'altro ieri.

Da una parte abbiamo Scipione l'Africano con la sua furbizia e dall'altra Annibale che vuole scalare le Alpi a suon di elefanti, giusto per arrivare a pochi chilometri da Roma ed essere richiamato indietro con raccomandata a ricevuta di ritorno; diciamolo chiaramente: Annibale ci è sempre stato simpatico, ma era un gran coglione nonostante i sussidiari si ostinino a dipingerlo come un maestro zen dell'intelligenza strategica.

Abbiamo visto che fine ha fatto Cartagine e per me quelle fiamme chiudono il discorso.

Secondo voi chi è Annibale fra i due?

Antefatto per chi si fosse perso: giovedì sera a Servizio Pubblico - che Scalfari chiama la "trasmissione di Travaglio" anche se è di Santoro, pardon dei centomila - un'attrice ha interpretato alcune interviste rilasciate dalla Spinelli a Travaglio stesso in occasione del suo ultimo libro "Viva il re" - dedicated to Giorgio Napolitano.

La Spinelli non stima particolarmente Napolitano, emerge chiaramente da suoi articoli di ben cinque anni fa, e durante queste botte-risposta con il vicedirettore del Fatto semplicemente ribadisce le sue critiche e svela un paio di retroscena su degli incontri privati avuti con l'inquilino massimo del Quirinale.

Per chi volesse l'intervista DOCG eccola qua.



Scalfari è de facto l'avvocato difensore di Napolitano e s'incazza come una iena nel sentire le parole della sua ex amica "grande conoscitrice dei classici della filosofia e delle scritture di ogni tempo e luogo", ma tuttavia l'accusa di non conoscere nulla della Storia d'Italia, argomento di cui lui invece è l'angelo custode, padre e padrone della nostra eredità politica.

Deve essere questa profonda abilità nel capire i meccanismi politici della storia d'Italia che lo portano a scrivere che il Movimento cinque stelle nei sondaggi per le europee viaggia intorno al 22% dei consensi perché "molti italiani pensano che le elezioni europee non contino niente e quindi possono servire per sfogare la rabbia..."

Ma che acuta osservazione, forse però vale la pena di notare che il Movimento cinque stelle ha preso il 25% alle politiche e a meno di non pensare che tutti gli italiani abbiano confuso le scadenze elettorali, questo fatto è in leggera contraddizione con quell'opinione - che potremmo tranquillamente rubricare all'interno della categoria a priori dell'intelletto "Puttanate".

Quando Scalfari scrive di Grillo e dei grillini ti viene un prurito alle mani che ti costringe ad iscriverti entro mezz'ora alla newsletter di ByoBlu e sposare per corrispondenza la figlia di Claudio Messora - fortunatamente siamo esseri razionali e di fronte alle stronzate non sempre soccombiamo.

L'editoriale di Scalfari che anche questa domenica, come tutte le altre, è la versione da chicchera impegnata del suo postino prioritario, si conclude con una filippica moraleggiante alla Spinelli, nella quale le viene ricordato di essere la figlia di Altiero Spinelli con un ammonimento finale: "non scordarlo mai".

Oltre allo sgradevole gusto di tirare per la giacchetta - come dicono i giornalisti - i giganti del pensiero solo dopo la loro prematura morte per evitare le smentite, Scalfari si macchia di un ben più grave peccato: mettere in relazione le idee, le opinioni che hai oggi con quelle del tuo paparino morto che magari la pensava in maniera leggermente diversa perché diverso era il contesto storico; è un errore metodologico in primo luogo e un vizio disdicevole in secondo.

La risposta della Spinelli non si fa attendere e cosa volete che vi dica? Lo distrugge, con l'eleganza che gli è propria, ma lo distrugge.

La differenza fra i due giornalisti sta nel fatto che l'una e dedita ai meandri del pensiero (non in questo caso, ma nei suoi editoriali precedenti) nel tentativo di dimostrare una qualche tesi, di accedere ad una qualche forma di verità o semplicemente "far si che il discorso continui", mentre l'altro è solo uno spavaldo arrogante sopravvalutato nei suoi mezzi e nelle sue capacità, in primi luogo da se stesso.

Scalfari è un fighetto del sapere. Esistono i fighetti della moda, quelli della cucina e anche quelli del sapere: comprarsi un vestito notato su Vogue non significa sapersi vestire o saper indossare correttamente qualcosa, come spendere due settimane di stipendio nel ristorante di Cracco non significa essere un fine intenditore dei sapori.

Citare a cazzo il Vangelo o il Gargantua di Rabelais può essere attività costruttiva per il proprio ego, soprattutto se ci si ritrova ad avere un età in cui l'andropausa non concede più altre forme di intrattenimento e auto glorificazione come la masturbazione, ma non è dimostrazione di aver individuato una qual si voglia teleologia nel mare della Storia.

Vedete esistono quattro modi di usare i "classici del pensiero" come dice Scalfari:

Il primo modo è ignorarli completamente, per incompetenza o per disinteresse o per pure circostanze della vita - e vi assicuro si sopravvive lo stesso.

Il secondo modo è seviziarli per i propri fini personali come fa Scalfari, utilizzandoli in maniera militante - si può fare - a patto che la militanza sia però chiara e trasparente. Il grosso rischio è di dire delle cazzate e di sembrare pretestuosi.

Il terzo modo è servirsene conformemente alla loro essenza, come fa la Spinelli. Molto complesso, ci vuole tempo, costanza, capacità critica, conoscenza delle lingue - un lavoro per pochi eletti, che non sono migliori degli altri, sono soltanto di meno.

Il quarto modo è decontestualizzarli, prenderli in giro, farsene gioco, banalizzarli; è un atteggiamento disprezzato dai puristi o da quelli che si percepiscono come tali (Scalfari ad exemplum) perché mette in pericolo le gerarchie ufficiali, perché misconosce la salvezza alla quale solo i migliori possono aspirare.
Il modo della Satira, dell'ironia che pone lungo lo stesso piano orizzontale "l'alto" e il "basso", il "nobile" e lo "spregevole". Sapete chi lo faceva?
Aristofane prendendo per il culo i filosofi. E lo sto facendo io citando impropriamente Aristofane.

Gli unici concreti vantaggi sono quello di divertirsi e sembrare molto più intelligenti e colti di quello che realmente si è - ragion per cui si suscita il disprezzo dei "veri colti" nominati per auto proclamazione plebiscitaria.

S'è fatta una certa signori e mi accorgo solo adesso di una cosa: non solo la Spinelli ma anche il sottoscritto ha preso a bei calcioni rotanti nelle sottane Eugenio Scalfari - e non è nemmeno la prima volta, indi per cui voglio fare una dichiarazione pubblica d'amore - che in fin dei conti è il collante del cosmo.

Barbara sposiamoci!! Non ti ricorderò mai di chi sei figlia mentre facciamo l'amore e griderò in maniera compulsiva il nome di Flaubert per ogni notte di passione, per ogni istante di sudore, per ogni luogo, per ogni mare, per ogni lago o come cazzo faceva la canzone dell'Amoroso.

Ho sempre voluto avere una fidanzata di nome Barbara ma l'altra candidata è una zuzzurellona innamorata persa dei calciatori del Milan ed io sto perdendo il cuore in piccoli pezzettini lungo il solco nel nostro interminabile cammino verso la tomba.

Metteremo al mondo una prole di uomini e donne giuste. Io insegnerò ai nostri figli i classici e tu a non prendersi troppo sul serio.

Li chiameremo Eugenii... come Eugenetica.

Con affetto, tuo per sempre Ezio Mauro


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