mercoledì 11 giugno 2014

Bonanni e lo sciopero generale del cervello

Oggi è una data fatidica per le maestranze Rai e forse per i lavoratori dell'intero universo conosciuto: è il primo sciopero nazionale dove i primi a sfilarsi sono i sindacalisti che hanno indetto il medesimo. Roba da pensiero laterale, da stratega politico senza macchia né infamia.
Dopo il simpatico scontro sardo-toscano a botte di sorrisi malefici fra Giovanni Floris e Matteo Renzi tre settimane fa nello studio di Ballarò, è cominciata la gara di nascondino fra i vertici sindacali: inizialmente sembrava che alla mobilitazione generale contro il taglio previsto dal decreto Irpef dovesse partecipare ogni forma di vita conosciuta e semi-pensante, ma dopo pochi giorni arrivano le defezioni dei pezzi grossi - come quando in pieno campionato la Nazionale gioca un'amichevole in Kirghizistan e i titolari cominciano a mostrare strani sintomi di patologie ignote alla medicina tradizionale, pubalgie, acciacchi e malanni post-traumatici.

Il primo a smarcarsi è l'Usigrai, dopo un comunicato stampa al vetriolo dove si sostiene che "Il governo preleva forzosamente 150 milioni di euro versati dai cittadini [...] mettendo a rischio posti di lavoro", il sindacato dei giornalisti Rai viene colpito da dissonanza cognitiva virale e candidamente trae le sue conclusioni, sospendendo la partecipazione della propria sigla allo sciopero dell'11 giugno. Come se Gino Strada dicesse: "La guerra fa schifo ed è il peggior male del mondo. Per questo NON parteciperò alle manifestazioni per la pace dei prossimi mesi".

Sul secondo gradino del podio ci arriva affannato e sudaticcio Luigi De Siervo, presidente dell'Adrai - associazione dirigenti Rai.
Alla domanda del giornalista del Messaggero: "Siete critici verso il taglio ma siete contrari allo sciopero. Perché?", un De Siervo molto Siervo di se stesso, dichiara: "Non vogliamo che gli italiani pensino che lo sciopero sia indetto per una difesa corporativa".

La medaglia di bronzo, con soli pochi centesimi di distacco dal suo illustre collega, va invece al segretario nazionale Cisl Raffaele Bonanni al quale prima o poi andrà conferita una laurea honoris causa in "loving Confindustria". Il boss dei cislini dichiara al Fatto Quotidiano: "Perché fare scioperi che possano passare a sostegno di privilegi o addirittura come occasione per scontrarsi politicamente con il Governo?". Già, perché mai fare il proprio mestiere quando si può sparare stronzate impunemente dalla mattina alla sera?

A parte il dietrofront un po' codardo dell'Usigrai, oltre all'incapacità patologica del sindacato giornalisti di saper trarre conclusioni coerenti con le proprie analisi (non mi piacciono i tagli quindi sciopero, non il contrario), sarebbe il caso di dare un paio di spiegazioni ai due illustri difensori del proletariato che rilasciano interviste azzardate manco fossero caramelle ad un bambino.

De Siervo non vuole che gli italiani pensino a difese corporative, un'argomentazione talmente idiota da poter essere silurata in pochi istanti: avete mai visto un associazione di imprenditori o artigiani dire "non protesteremo contro ulteriori aumenti della pressione fiscale sulla nostra categoria, perché non vogliamo che gli italiani pensino a difese corporative?". Finché esisteranno le corporazioni esisteranno gli interessi corporativi, i gruppi di pressione con obiettivi contrapposti e che fanno valere il loro peso in sede di concertazione o, talvolta, scontro anche violento.
Come se un giornalista non potesse manifestare a favore della libertà di stampa, per non dare l'impressione di farlo per se stesso e per i suoi simili. Molte cialtronate cadono sotto i ganci delle proprie contraddizioni interne.

Più interessante l'affaire Bonanni: figuriamoci chi in buona fede può essere favorevole a privilegi sconsiderati e sprechi di denaro pubblico dentro quella vorace macchina mangia-soldi che è la Rai. Nessuno al mondo con un po' di senno e amor proprio ammetterebbe mai nulla di simile. Il problema è che 150 milioni di tagli netti da realizzarsi entro l'alba, non risolvono affatto il problema degli sprechi, lo sanno in tutto il globo - distributori di caffè di Viale Mazzini inclusi - che non è con la mannaia che si diventa chirurghi, al massimo serial killer di Whitechapel.
Il taglio andrà ovviamente ad abbattersi sui soliti noti, cornuti, mazziati e messi a pecorina - degna punizione per questi precari affamati di denaro dei contribuenti.
Quando poi Bonanni si toglie la maschera, affermando che lo sciopero non deve essere un'occasione per scontrarsi politicamente con il Governo, in quel preciso istante bisogna sghignazzarli in faccia con tanto di sputiccio denso, per le immense doti da comico dissacrante.

Forse al segretario nazionale del sindacato cattolico è sfuggito qualche capitolo di storia contemporanea, diciamo tutti quelli che hanno a che fare con le conquiste dei lavoratori, le lotte sindacali, il conflitto di classe, la rappresentanza nelle aziende, il lavoro minorile, l'occupazione femminile.
Se Bonanni avesse voluto vivere in pace senza sbattimenti di sorta, poteva semplicemente rinunciare al suo attuale ruolo, diventare un fanatico del Rock'n'Roll e viaggiare a bordo di un Volkswagen Westfalia assieme a Renzi in direzione Woodstock, accostando la vettura ad ogni ruscello lungo la strada per fare all'amore tutta la notte, evitando di entrare in scazzo con il Governo, perché è cosa buona e giusta affidarsi al catechismo becero delle idee.

Visto che ha preferito diventare alfiere dei lavoratori, è il caso che muova il suo dolce culetto firmato Cisl e ogni tanto faccia anche a cazzotti con l'esecutivo, se le decisioni dello stesso vanno contro gli interessi dei propri iscritti.

La frase "perché scontrarsi politicamente con il Governo?" è sintomatica di una drammatica evoluzione forzata che il concetto stesso di sindacato ha subito negli anni: pronunciata qualche decennio fa, senza fare troppa retorica, avrebbe attirato su di sé le ire degli iscritti e magari anche qualche sasso di troppo, spinto nell'aria da una rabbia che aveva le sue ragioni.

Ora "fortunatamente" quei sassi non volano più ad altezza d'uomo, e dimorano allegramente nel cranio degli aspiranti sindacalisti nostrani, e nello stomaco di chi è costretto ad assaggiare ogni giorno un piatto più disgustoso del giorno precedente. In pancia il peso si fa sentire e la cattiva digestione non è mai un'ottima pre-condizione per le riforme.
Ma non ditelo troppo ad alta voce, c'è il rischio di scontrarsi politicamente con il Governo.  

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