Ci
ha lasciato nella notte Antonio Di Pietro, fondatore e segretario del
partito Italia dei Valori ed ex pubblico ministero, saltato alle
cronache nei primi anni novanta per il terremoto politico che scosse
tutta l’Italia: il riconoscimento dello statuto di regione al
Molise.
Le
cause della morte sono ancora ignote, maggior chiarezza verrà fatta
quando i paramedici delle autoambulanze ritroveranno la salma del Di
Pietro presso uno dei cinquantaquattro indirizzi noti registrati nei
catasti della penisola.
L’allarme
è stato lanciato alle 03:47 – fuso orario di Campobasso – dalla
moglie, che però non è proprio sua moglie, e dal logopedista,
insospettito dal calo di fatturato del proprio studio nelle ultime
ventiquattro ore.
La
notizia è stata accolta all’unisono con stupore e sgomento dal
mondo politico, giornalistico e carcerario: Matteo Renzi chiarisce
che “con rottamazione pensava a soluzioni meno drastiche”,
Veltroni propone di inserire la statua di cera del Di Pietro nel
pantheon del partito democratico quale simbolo di modernità della
sinistra, in mezzo a quelle di Ronald Reagan e Carlo Martello; un
comunicato di cordoglio è stato in mattinata emesso
dall’associazione immobiliaristi d’Italia, che aggiunge con una
nota drammatica una previsione al ribasso del PIL italiano nel 2013
dovuta alla scarsità di acquirenti di stalle e masserie.
Davanti
alle telecamere né la moglie né Maurizio Gasparri hanno trovato le
parole per esprimere lo strazio, sebbene al secondo fosse stato
semplicemente chiesto “come va?”
Alla
notizia, dell’arresto cardiaco Mario Chiesa si è presentato
volontariamente in questura assistito dal proprio legale, il quale ha
sbraitato per tutta Fatebenefratelli implorando gli appuntati di
fornirgli informazioni relative all’istituto di custodia cautelare
chiamato “arresto cardiaco”.
Sulla
carta stampata si sprecano gli encomi, anche da parte dei più
agguerriti detrattori in vita di Di Pietro: da Vittorio Feltri che
citando Sartre la definisce “una morte assurda, degna del più
stronzo dei terroni”, passando per Sallusti il quale ha dato sfogo
al proprio dolore strappandosi i capelli, fino ad arrivare a Maurizio
Belpietro che con il solito tatto che lo contraddistingue ha proposto
di ricordare la vittima di questo brutale attentato – dice lui -
“privatizzando la RAI”.
“Non
c’è mai sollievo nella morte” hanno dichiarato in lacrime i
redattori del Devoto – Oli, impegnandosi a lasciare nella tomba del
defunto il manoscritto del Nuovo Grande Dizionario Italiano “così
che possa farne buon uso al cospetto del Signore”.
Per
quelle curiose coincidenze del fato, l’onoranza funebre si terrà
in primavera proprio la domenica del voto per le elezioni politiche,
presso la una basilica sconsacrata persa nel nulla intitolata
www.bebbegrillo.it.
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