martedì 1 ottobre 2013

Di Pietro è morto, nei campi di sterminio è morto

Ci ha lasciato nella notte Antonio Di Pietro, fondatore e segretario del partito Italia dei Valori ed ex pubblico ministero, saltato alle cronache nei primi anni novanta per il terremoto politico che scosse tutta l’Italia: il riconoscimento dello statuto di regione al Molise.

Le cause della morte sono ancora ignote, maggior chiarezza verrà fatta quando i paramedici delle autoambulanze ritroveranno la salma del Di Pietro presso uno dei cinquantaquattro indirizzi noti registrati nei catasti della penisola.

L’allarme è stato lanciato alle 03:47 – fuso orario di Campobasso – dalla moglie, che però non è proprio sua moglie, e dal logopedista, insospettito dal calo di fatturato del proprio studio nelle ultime ventiquattro ore.

La notizia è stata accolta all’unisono con stupore e sgomento dal mondo politico, giornalistico e carcerario: Matteo Renzi chiarisce che “con rottamazione pensava a soluzioni meno drastiche”, Veltroni propone di inserire la statua di cera del Di Pietro nel pantheon del partito democratico quale simbolo di modernità della sinistra, in mezzo a quelle di Ronald Reagan e Carlo Martello; un comunicato di cordoglio è stato in mattinata emesso dall’associazione immobiliaristi d’Italia, che aggiunge con una nota drammatica una previsione al ribasso del PIL italiano nel 2013 dovuta alla scarsità di acquirenti di stalle e masserie.

Davanti alle telecamere né la moglie né Maurizio Gasparri hanno trovato le parole per esprimere lo strazio, sebbene al secondo fosse stato semplicemente chiesto “come va?”

Alla notizia, dell’arresto cardiaco Mario Chiesa si è presentato volontariamente in questura assistito dal proprio legale, il quale ha sbraitato per tutta Fatebenefratelli implorando gli appuntati di fornirgli informazioni relative all’istituto di custodia cautelare chiamato “arresto cardiaco”.

Sulla carta stampata si sprecano gli encomi, anche da parte dei più agguerriti detrattori in vita di Di Pietro: da Vittorio Feltri che citando Sartre la definisce “una morte assurda, degna del più stronzo dei terroni”, passando per Sallusti il quale ha dato sfogo al proprio dolore strappandosi i capelli, fino ad arrivare a Maurizio Belpietro che con il solito tatto che lo contraddistingue ha proposto di ricordare la vittima di questo brutale attentato – dice lui - “privatizzando la RAI”.

Non c’è mai sollievo nella morte” hanno dichiarato in lacrime i redattori del Devoto – Oli, impegnandosi a lasciare nella tomba del defunto il manoscritto del Nuovo Grande Dizionario Italiano “così che possa farne buon uso al cospetto del Signore”.

Per quelle curiose coincidenze del fato, l’onoranza funebre si terrà in primavera proprio la domenica del voto per le elezioni politiche, presso la una basilica sconsacrata persa nel nulla intitolata www.bebbegrillo.it.



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