Indiscrezioni dal mondo hollywoodiano: pare che Oliver Stone noto regista di
kolossal dalla trentennale carriera abbia deciso negli ultimi mesi di
dirigere un film che prenda spunto dall’originale vita spericolata
dell’ex premier italiano Silvio Berlusconi. La notizia è però
congelata da qualche settimana dopo che il regista è stato
tartassato a carico del destinatario da un’infinita serie di
telefonate da parte di affiliati a Cosa Nostra che chiedevano
informazioni sul posizionamento geografico di Los Angeles sul
mappamondo e sui termini di scadenza per i provini; qualcuno chiedeva
il pizzo, altri domandavano se esistessero ancora stalle e stallieri
in California e da ultimi alcuni boss chiedevano che non fossero
fatti i loro nomi nel girato.
Sembra
che Oliver abbia quindi preferito riflettere ancora un po’ su
questo nuovo progetto così impegnativo, anche in considerazione del
fatto che sotto una lapide è sempre troppo caldo o troppo freddo.
Un
vero peccato: la casa di produzione si era mossa in anticipo sui
tempi per permettere la buona riuscita dell’intero film.
Non
sarebbero mancate strepitose performance legate ai personaggi gregari
del cavaliere: dal ruolo di Marcello Dell’Utri, che doveva essere
messo in scena senza pregiudizi di sorta da Peppino U’Scarruzzu,
aristocratico uomo d’affari ragusano, che nella vita reale si
mantiene come tabaccaio del quartiere e si diletta come trafficante
di schiave eritree in Europa.
A
Luglio era anche avvenuto un incontro ravvicinato del terzo, quarto o
quinto tipo (a seconda dei presenti) fra il regista e Nicole Minetti
in una casa chiusa di Salt Lake City nel religiosissimo stato dello
Utah, per discutere la partecipazione della Minetti stessa nel ruolo
di Rubi Rubacuori.
Pare
invece che Stone, cultore mascherato del teatro di strada, avesse
contattato e fatto estradare nello stesso periodo tale Medina Kèlàdà,
prostituta marocchina diciottenne, in attesa di green card per gli
States, appassionata anche di porno recital, per farle interpretare
il ruolo della Pm milanese Ilda Boccassini – e quello di Nicole
Minetti.
La
casa di produzione avrebbe giustificato questa scelta con motivazioni
di carattere economico.
Fra
i critici di Los Angeles avrebbe cominciato a farsi strada l’idea
che la marocchina potesse essere la favorita all’oscar come
migliore attrice non protagonista sebbene, fra gli amanti del neo
realismo americano (la corrente ispirata al pettorale destro di
Stallone per intendersi) qualcuno sostenesse che un’interpretazione
credibile della Boccassini con le tette della Minetti, e della
Minetti con i vestiti della Boccassini -con i vestiti in genere- sia
sostanzialmente impraticabile.
I
problemi più rilevanti dovevano comunque essere risolti dalla
distribuzione: in tutta la zona Euro l’ipotesi di un ritorno anche
solo sul grande schermo del Silvio nazionale è vista come una
sciagura biblica, che ricaccerebbe il vecchio continente in una
situazione caotica simile a quella pre-Congresso di Vienna.
Per
questa ragione i singoli governi nazionali avrebbero intensificato la
legislazione sull’embargo per le pellicole provenienti dagli Usa,
con una sola eccezione: pare infatti che il cancelliere tedesco
Angela Merkel, consapevole degli errori strategici commessi dal suo
paese nel corso della storia, abbia fatto erigere dai dieci più
potenti banchieri del paese un muro lungo tutta la costa della
Normandia con i resti della cortina di ferro raffigurante il proprio
culone inchiavabile.
Per
qualche assurda ragione il muro si chiamerà “muro di Berlino”. I
banchieri riceveranno in cambio delle loro maestranze duecento
miliardi di euro per rimettere in moto il tessuto produttivo del
paese e soprattutto le proprie limousine.
Negli
Usa, il paese della libertà, nessuna remora papista da caccia alle
streghe ha fermato le sale cinematografiche che fossero interessate a
trattare l’acquisto del girato; solo piccole limitazioni per
proteggere i più deboli, i più esposti: la visione sarà quindi
proibita a tutti gli under 45, gli over 63, a tutti i veterani che
non abbiano combattuto almeno due guerre nel sud est asiatico, ad
ogni cittadino che dichiari di aver votato anche un solo presidente
democratico dai tempi dell’omicidio di Lincoln, ai gay, alle donne,
i neri compreso Obama, gli ammalati, i portatori di handicap, i
clochard, gli immigrati fino alla sesta generazione, i pastori
battisti, i pastori tedeschi, i ciechi e soprattutto i gay, limitando
di fatto il bacino di pubblico a sessantasette repubblicani della
National Association Army (un’ex frangia moderata delle SS) che
però acquisteranno il biglietto così tante volte procapite da
sfondare il record d’incassi ottenuto ai botteghini con Avatar.
L’ultima
notizia rimbalza direttamente dallo stivale nostrano: la RAI non
contenta del palinsesto attuale (e come darle torto del resto) ha
espresso per voce della neo presidente dell’azienda Anna Maria
Tarantola la volontà di acquistare i diritti del colossal e di
metterlo in onda a ripetizione, in loop costante al posto
dell’ordinaria programmazione, tutti i giorni, feriali e festivi,
fino alle elezioni della ventura primavera solo per vedere se la
maggioranza degli italiani è ancora in grado di votare Berlusconi o
se finalmente il vaccino invasivo ha funzionato. Per non interrompere
questo sogno utopico di televisione pubblica, nessuno in azienda ha
avuto il coraggio di dire alla “Tarantola” che il film non sarà
mai girato.
Mediaset
ha dichiarato tramite il suo portavoce Peppino U’Scarruzzo di non
voler acquistare i diritti del film per non entrare in conflitto
d’interessi.
Il
vaccino ha realmente funzionato.
Buona
visione
Nessun commento:
Posta un commento