martedì 1 ottobre 2013

Il re è nudo

Indiscrezioni dal mondo hollywoodiano: pare che Oliver Stone noto regista di kolossal dalla trentennale carriera abbia deciso negli ultimi mesi di dirigere un film che prenda spunto dall’originale vita spericolata dell’ex premier italiano Silvio Berlusconi. La notizia è però congelata da qualche settimana dopo che il regista è stato tartassato a carico del destinatario da un’infinita serie di telefonate da parte di affiliati a Cosa Nostra che chiedevano informazioni sul posizionamento geografico di Los Angeles sul mappamondo e sui termini di scadenza per i provini; qualcuno chiedeva il pizzo, altri domandavano se esistessero ancora stalle e stallieri in California e da ultimi alcuni boss chiedevano che non fossero fatti i loro nomi nel girato.
Sembra che Oliver abbia quindi preferito riflettere ancora un po’ su questo nuovo progetto così impegnativo, anche in considerazione del fatto che sotto una lapide è sempre troppo caldo o troppo freddo.
Un vero peccato: la casa di produzione si era mossa in anticipo sui tempi per permettere la buona riuscita dell’intero film.
Non sarebbero mancate strepitose performance legate ai personaggi gregari del cavaliere: dal ruolo di Marcello Dell’Utri, che doveva essere messo in scena senza pregiudizi di sorta da Peppino U’Scarruzzu, aristocratico uomo d’affari ragusano, che nella vita reale si mantiene come tabaccaio del quartiere e si diletta come trafficante di schiave eritree in Europa.
A Luglio era anche avvenuto un incontro ravvicinato del terzo, quarto o quinto tipo (a seconda dei presenti) fra il regista e Nicole Minetti in una casa chiusa di Salt Lake City nel religiosissimo stato dello Utah, per discutere la partecipazione della Minetti stessa nel ruolo di Rubi Rubacuori.
Pare invece che Stone, cultore mascherato del teatro di strada, avesse contattato e fatto estradare nello stesso periodo tale Medina Kèlàdà, prostituta marocchina diciottenne, in attesa di green card per gli States, appassionata anche di porno recital, per farle interpretare il ruolo della Pm milanese Ilda Boccassini – e quello di Nicole Minetti.
La casa di produzione avrebbe giustificato questa scelta con motivazioni di carattere economico.
Fra i critici di Los Angeles avrebbe cominciato a farsi strada l’idea che la marocchina potesse essere la favorita all’oscar come migliore attrice non protagonista sebbene, fra gli amanti del neo realismo americano (la corrente ispirata al pettorale destro di Stallone per intendersi) qualcuno sostenesse che un’interpretazione credibile della Boccassini con le tette della Minetti, e della Minetti con i vestiti della Boccassini -con i vestiti in genere- sia sostanzialmente impraticabile.
I problemi più rilevanti dovevano comunque essere risolti dalla distribuzione: in tutta la zona Euro l’ipotesi di un ritorno anche solo sul grande schermo del Silvio nazionale è vista come una sciagura biblica, che ricaccerebbe il vecchio continente in una situazione caotica simile a quella pre-Congresso di Vienna.
Per questa ragione i singoli governi nazionali avrebbero intensificato la legislazione sull’embargo per le pellicole provenienti dagli Usa, con una sola eccezione: pare infatti che il cancelliere tedesco Angela Merkel, consapevole degli errori strategici commessi dal suo paese nel corso della storia, abbia fatto erigere dai dieci più potenti banchieri del paese un muro lungo tutta la costa della Normandia con i resti della cortina di ferro raffigurante il proprio culone inchiavabile.
Per qualche assurda ragione il muro si chiamerà “muro di Berlino”. I banchieri riceveranno in cambio delle loro maestranze duecento miliardi di euro per rimettere in moto il tessuto produttivo del paese e soprattutto le proprie limousine.
Negli Usa, il paese della libertà, nessuna remora papista da caccia alle streghe ha fermato le sale cinematografiche che fossero interessate a trattare l’acquisto del girato; solo piccole limitazioni per proteggere i più deboli, i più esposti: la visione sarà quindi proibita a tutti gli under 45, gli over 63, a tutti i veterani che non abbiano combattuto almeno due guerre nel sud est asiatico, ad ogni cittadino che dichiari di aver votato anche un solo presidente democratico dai tempi dell’omicidio di Lincoln, ai gay, alle donne, i neri compreso Obama, gli ammalati, i portatori di handicap, i clochard, gli immigrati fino alla sesta generazione, i pastori battisti, i pastori tedeschi, i ciechi e soprattutto i gay, limitando di fatto il bacino di pubblico a sessantasette repubblicani della National Association Army (un’ex frangia moderata delle SS) che però acquisteranno il biglietto così tante volte procapite da sfondare il record d’incassi ottenuto ai botteghini con Avatar.
L’ultima notizia rimbalza direttamente dallo stivale nostrano: la RAI non contenta del palinsesto attuale (e come darle torto del resto) ha espresso per voce della neo presidente dell’azienda Anna Maria Tarantola la volontà di acquistare i diritti del colossal e di metterlo in onda a ripetizione, in loop costante al posto dell’ordinaria programmazione, tutti i giorni, feriali e festivi, fino alle elezioni della ventura primavera solo per vedere se la maggioranza degli italiani è ancora in grado di votare Berlusconi o se finalmente il vaccino invasivo ha funzionato. Per non interrompere questo sogno utopico di televisione pubblica, nessuno in azienda ha avuto il coraggio di dire alla “Tarantola” che il film non sarà mai girato.
Mediaset ha dichiarato tramite il suo portavoce Peppino U’Scarruzzo di non voler acquistare i diritti del film per non entrare in conflitto d’interessi.
Il vaccino ha realmente funzionato.

Buona visione

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