Cani,
lupi, setacci, villaggi, ubriaconi, avventure, donne che ballano,
radiose aurore, morti, canti, oro, tanto oro e gelo, tanto gelo.
Macchine,
sesso, potere, amori, amicizie, scuole, diplomi, tossici, puttane,
famiglie, parchi, programmi, reti, grida, famiglie, soldi, tanti
soldi e noia, tanta noia.
C’è
qualcosa di vicino e di lontano allo stesso tempo, che accomuna e
distanzia in un sol movimento di palpebra il nostro mondo –forse
reale- e quello narrato delle corse all’oro, forse inventato.
Uno
strettissimo cordone ombelicale che collega attraverso i decenni
l’Alaska con Wall Street, ricopre con il ghiaccio del Klondike i
prati verdi di Central Park, riconnette il sogno americano alla
propria dimensione mitica, magica, alla menzogna della propria
favola.
Maledettamente
vicini: gli stessi sogni, gli stessi conflitti, gli stessi crimini e
quella dannata polvere gialla ancora muove i destini umani verso gli
orizzonti del coraggio e dell’infamia.
Maledettamente
lontani: “Ed io pensai al mio grande West, all’immensità sotto
il cielo, all’aria senza confini che sarebbe bastata per mille
Londre”; così scriveva John Griffith London alias Jack
London
nel lontano, ma in fin dei conti vicino 1902.
Ogni
mondo dovrebbe possedere un suo “West”; i fenici lo avevano,
Colombo lo aveva, London lo aveva. Ogni pioniere una nuova frontiera,
ogni Europa un’America, ogni scrittore uno Swinburne.Dovremmo
ancora “poter sentire e nel medesimo istante smettere di farlo”;
dimorare su letti pluviali ricchi di pepite luccicanti, e scavare a
mani nude nella roccia fintanto che una venatura aurea di felicità
non ci sorrida; vagabondare per metropoli sconfinate travestiti da
accattoni, da diseredati, solo per mirare l’incoronazione di un
altro sovrano da decapitare; e affogare di volontà nell’oceano
“trovando il tempo di sentirsi riconoscenti alla vita per
quest’ultima cortesia”; fissare negli occhi la rabbia
rivoluzionaria di un chico messicano e quella primordiale, primitiva
di un cane tornato lupo, di un uomo tornato scimmia.
Dovremmo
poter fare tutto ciò, ma siamo troppo vicini. Siamo troppo lontani.
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