martedì 1 ottobre 2013

Ad majorem gloriam spiritus umani

Alla ricerca di una verginità perduta: così si potrebbe definire la fase storica che stanno attraversando gli editorialisti italiani da qualche mese a questa parte. Un bel siglone, pomposo almeno quanto la terminologia made in antica Roma rispolverata per l’occasione dai tromboni della carta stampata.
Dimentichiamoci dei Panebianco di turno, che non più di tre anni fa non esitavano ad apporre la propria firma su di un papello nel quale la profonda tesi sostenuta era: il grande merito di Berlusconi è l’aver riproposto sulla scena politica la questione della pressione fiscale; il grande demerito è non aver mai fatto nulla per risolvere il problema; l’inquietante quesito finale: verrà o non verrà ricordato come un liberale? Roba da far impazzire Hegel. (ai posteri l’onere di una risposta)
Dimentichiamoci anche degli intellettuali yuppie, tutti laureati alla London School of Economics, dilettatisi per anni ad infarcire i fondi della “Stampa” o del “Sole” con inglesismi maccheronici degni di Alberto Sordi, o con concetti perlomeno dubbi della filosofia politica quali “capitale umano” e “regime di mercato etico”.
Oggi, nel pieno dramma della “post contemporaneità industriale”, pare che non nei licei, né nelle università, bensì sulle principali testate, siano tornate in voga le cosiddette lingue morte ed i grandi classici della letteratura – pure loro, in stato comatoso.
Si osserva con un mix di stupore e disgusto alla facilità con la quale vengono servite insalate di “tertium datur”, inalati vapori alla “mutatis mutandis” e pippate strisce di “conditio sine qua non”, come se i sintagmi latini più inflazionati dai tempi di Ponzio Pilato, potessero in qualche modo redimere gli stessi che, fino all’altro ieri, impartivano, dall’alto dei loro megafoni, lezioni di marketing aziendale e nozioni di economia spiegata ai poveri.
I giochi si fanno ulteriormente interessanti quando i Cicerone de noiartri, trasformati in prestigiatori, estraggono da cilindri impolverati quel che resta nella memoria di un Abbagnano letto male ai tempi del ginnasio: il Nietzsche più innocuo che si ricordi spara cannonate sulla crisi economica che ovviamente aveva previsto; Leviatani a non finire sguazzano fra onde d’inchiostro e omerici ciclopi; si sprecano un’infinità di passi evangelici, in una sorta di auto esorcismo collettivo. Per non parlare delle strizzatine d’occhio al pubblico quando ad essere citati sono i must delle campagne pubblicitarie “Baci Perugina”, gli evergreen dell’aforisma da rimorchio: i vari Shakespeare, la Arendt , Socrate, Wittengstein, Agostino, Ghandi e Frost.

Non chiedete spiegazioni agli autori di questa bislacca accozzaglia; probabilmente vi risponderebbero in coro: “ad majorem gloriam spiritus umani”. 

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