Oggi ho sentito ben cinque persone dire
che gli piacerebbe molto abolire la Bossi-Fini.
Una fa la commessa al simply market,
l'altra è una studentessa di mediazione linguistica presso
l'Università dell'Insubria, uno è Gianfranco Fini, uno è un
eritreo cartomante sfigato in attesa di regolarizzazione e l'ultimo è
Enrico Letta.
Indovinate quale differenza intercorre
fra questi cinque soggetti ben selezionati.
Non ci siete ancora arrivati? Ve lo
dico io.
Uno dei cinque è per puro desiderio
del fato il Presidente del Consiglio ed è interessante che esprima
la propria opinione da privato cittadino come se non centrasse una
beata mazza con la questione in gioco.
L'opinione peraltro non è nemmeno
delle più originali visto che manca solo Alba Dorata all'appello
degli strenui oppositori della Bossi-Fini, ma lo sappiamo questo è
il governo del “meglio tardi che mai”.
Siamo all'interno del più grande bluff
della comunicazione politica della storia: io che sono il Presidente
del Consiglio dei ministri non ho la più pallida idea di che cazzo
fare per abolire una legge infame in vigore nel mio paese. È come se
il vostro panettiere vi dicesse “si il mio pane fa schifo ma cosa
vuole che le dica buon uomo, non la produco mica io la farina”.
Immagino che in circostanze simili l'unica soluzione sarebbe
appiccare un bell'incendio al panificio in questione oppure, se siete
italiani, cambiare panificio.
Il “governo del fare” con i suoi
“decreti del fare” sembra fare – ma lo dico dico da privato
cittadino non da privato cittadino che sta postando un articolo su un
blog – ben poco, sembra paraplegico, diversamente abile, spastico
dinnanzi ai problemi di un paese che sta lentamente affondando nel
Mediterraneo, come i barconi colmi di profughi.
E ancora: serviva proprio vedere il
sangue e la carneficina di qualche centinaio di persone, prima di
accorgersi che è ancora in vigore una legge che porta il nome di un
ex fascista redento sulla via di Damasco e di una sorta di homo
habilis dall'incomprensibile
parlata ostrogota?
O forse bastava
avere un misero programmino all inclusive, con una decina di
priorità, sulle quali lavorare in questi mesi?
Il paradosso che
stiamo vivendo è quello di avere un governo di transizione verso il
nulla, verso le colonne d'Ercole. La verità è che non hanno un
programma politico – nemmeno di breve termine – e quindi ogni
giorno viene vissuto come se fosse l'ultimo, durante il quale
accendere una sigaretta e fare una preghierina prima di finire al
cappio delle prossime elezioni – dall'esito incerto quanto una
scommessa sui cavalli.
Sono le
complicazioni dell'instabilità mi si dice, ma allora meglio porre
fine a questa situazione drammatica, meglio smettere di giocare al
trapezista sul vuoto delle idee.
Le
opinioni di Letta o di chiunque altro dentro questo esecutivo sono
ben accette se si tratta di gastronomia, gusti sessuali, hobby e
quant'altro - per questo esistono i social network - ma è oltre ogni
misura inutile in materia legislativa, economica o politica latu
sensu.
La realtà è molto
chiara: o questo governo e relativa maggioranza parlamentare
combinano un paio di cose al mese – giuste o sbagliate che siano –,
smettendola di esternare ogni singolo pensierino formato nuvoletta
che gli viene in mente, oppure perdono qualunque parvenza di utilità,
di senso, di necessità (come spesso ci viene raccontato) e la
nazione se ne farà una ragione tornando a votare.
Di terze vie non ne
esistono in questo caso, nemmeno per i fautori della grandi
coalizioni stagnanti.
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