venerdì 25 ottobre 2013

The show must go on

La love story fra Angelino Alfano e Silvio Berlusconi ricorda sempre più un complicato capitolo di uno sceneggiato in costume che non vuole finire.

Alfano è una femme fatale conosciuta dal protagonista imprenditore di Sentieri in una notte di alcol al pub.
La porta a casa, fanno l'amore come le tre civette sul comò, ma al mattino il posto nel letto accanto a lui è vuoto e solo un biglietto scritto con mano tremante abbandonato sulla scrivania recita:

scusami tanto, mi chiamo Sophie... non azzerare il Pdl.

È proprio noiosa questa fiction di terzo millennio nonostante gli autori provino a rinvigorirla ogni giorno con sparate e giochi di parole: un'intera terminologia presa in prestito dalla Jihad islamica, come lealisti, lotta fra bande, fedelissimi – una narrazione volta a fare assomigliare questa guerra tra accattoni della politica a qualcosa di nobile e elevato.

Stavo osservando con sconcerto la lista delle colombe Pdl: Alfano, Schifani, Formigoni, Sacconi e anagrammi vari.
Persone che sarebbero state rifiutate come inservienti anche alla mensa della Caritas, si sono ritrovate coordinatori di partito, ministri del lavoro, presidenti del Senato, governatori di regione; ogni santo giorno mandato su questa terra erano a parlare dalla Gruber, da Santoro, da Floris, da Paragone, da Formigli, da Mentana, dall'Annunziata, da Fazio, a dire la loro, scambiati per intellettuali nella nostra bella Repubblica delle Lettere mancanti.

E oggi invece che svaporizzarsi nell'etere, dopo aver avuto il loro quarto di secolo di celebrità alla faccia di Andy Warhol, reclamano ancora una fetta di attenzione, vogliono fare il colpaccio ai danni del sire malato che li accolti come guitti nel suo castello.

Non ci riusciranno se c'è una giustizia.
Ma probabilmente non c'è – tanto per essere ottimisti.

Scapperanno dalla sala da ballo del Titanic proprio mentre questo impatta contro l'iceberg (fra sei mesi, due anni chissà), e troveranno nuove sistemazioni più confortevoli, al riparo dalle luci indiscrete di chi possiede una memoria e riprenderanno a pontificare sul futuro – lo stesso che hanno divorato come locuste.

Nessuno vuole il Confino – che sia chiaro – per questi infiltrati che si sono mostrati negligenti, fasulli, recidivi o più semplicemente collusi con quella “dittatura della merda” che esala i suoi ultimi respiri. O quanto meno nessuno vuole il Confino vecchio stampo: niente Ventotene o Egadi per loro – paradisi naturali che non meritano di essere contaminati dalla puzza dei voltagabbana.

Ma un Confino light, perché no? Una bella versione moderata per i moderati dell'ultima ora.
Liberi di circolare fra la folla – con il rischio del linciaggio a loro carico – ma mai più sotto i riflettori della stampa o dello show business. Non per cattiveria o rabbia ma perché non hanno più nulla da dire, nemmeno di ridicolo.

Hanno esaurito la propria funzione storica se anche le stronzate che recitano a memoria non creano più scalpore, ed esattamente come una ballerina che si sloga la caviglia, un attore che perde la voce, un maratoneta senza più i polmoni di una volta, devono essere sostituiti da qualcuno all'altezza della situazione.

Anche le soap più longeve, tipo Sentieri, Beatiful, Un Posto al Sole, sanno che ogni personaggio ha un sua data di scadenza sul retro e quando questa viene sorpassata, non vi sono remore morali nel cestinarlo dentro il secchio dell'umido.

Non chiedo un mondo, una politica fatti di realtà e grandi valori ma chiedo di seguire le regole della menzogna sistematica, quelle di un palcoscenico scadente, di un canovaccio da buttare, di un teatrino sull'orlo del collasso. Chiedo alla "dittatura della merda" di seguire le "regole della merda".


Non chiedo il cielo, chiedo solo il copione.

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