La love story
fra Angelino Alfano e Silvio Berlusconi ricorda sempre più un
complicato capitolo di uno sceneggiato in costume che non vuole
finire.
Alfano
è una femme fatale
conosciuta dal protagonista imprenditore di Sentieri
in una notte di alcol al pub.
La
porta a casa, fanno l'amore come le tre civette sul comò, ma al
mattino il posto nel letto accanto a lui è vuoto e solo un biglietto
scritto con mano tremante abbandonato sulla scrivania recita:
scusami
tanto, mi chiamo Sophie... non azzerare il Pdl.
È
proprio noiosa questa fiction di terzo millennio nonostante gli
autori provino a rinvigorirla ogni giorno con sparate e giochi di
parole: un'intera terminologia presa in prestito dalla Jihad
islamica, come lealisti, lotta fra bande, fedelissimi – una
narrazione volta a fare assomigliare questa guerra tra accattoni
della politica a qualcosa di nobile e elevato.
Stavo
osservando con sconcerto la lista delle colombe Pdl: Alfano,
Schifani, Formigoni, Sacconi e anagrammi vari.
Persone
che sarebbero state rifiutate come inservienti anche alla mensa della
Caritas, si sono ritrovate coordinatori di partito, ministri del
lavoro, presidenti del Senato, governatori di regione; ogni santo
giorno mandato su questa terra erano a parlare dalla Gruber, da
Santoro, da Floris, da Paragone, da Formigli, da Mentana,
dall'Annunziata, da Fazio, a dire la loro, scambiati per intellettuali
nella nostra bella Repubblica delle Lettere mancanti.
E
oggi invece che svaporizzarsi nell'etere, dopo aver avuto il loro
quarto di secolo di celebrità alla faccia di Andy Warhol, reclamano
ancora una fetta di attenzione, vogliono fare il colpaccio ai danni
del sire malato che li accolti come guitti nel suo castello.
Non
ci riusciranno se c'è una giustizia.
Ma
probabilmente non c'è – tanto per essere ottimisti.
Scapperanno
dalla sala da ballo del Titanic proprio mentre questo impatta contro
l'iceberg (fra sei mesi, due anni chissà), e troveranno nuove
sistemazioni più confortevoli, al riparo dalle luci indiscrete di
chi possiede una memoria e riprenderanno a pontificare sul futuro –
lo stesso che hanno divorato come locuste.
Nessuno
vuole il Confino – che sia chiaro – per questi infiltrati che si
sono mostrati negligenti, fasulli, recidivi o più semplicemente
collusi con quella “dittatura della merda” che esala i suoi
ultimi respiri. O quanto meno nessuno vuole il Confino vecchio
stampo: niente Ventotene o Egadi per loro – paradisi naturali che
non meritano di essere contaminati dalla puzza dei voltagabbana.
Ma
un Confino light,
perché no? Una bella versione moderata per i moderati dell'ultima
ora.
Liberi
di circolare fra la folla – con il rischio del linciaggio a loro
carico – ma mai più sotto i riflettori della stampa o dello show
business. Non per cattiveria o rabbia ma perché non hanno più nulla
da dire, nemmeno di ridicolo.
Hanno
esaurito la propria funzione storica se anche le stronzate che
recitano a memoria non creano più scalpore, ed esattamente come una
ballerina che si sloga la caviglia, un attore che perde la voce, un
maratoneta senza più i polmoni di una volta, devono essere
sostituiti da qualcuno all'altezza della situazione.
Anche
le soap più longeve, tipo Sentieri, Beatiful, Un Posto al Sole,
sanno che ogni personaggio ha un sua data di scadenza sul retro e
quando questa viene sorpassata, non vi sono remore morali nel
cestinarlo dentro il secchio dell'umido.
Non
chiedo un mondo, una politica fatti di realtà e grandi valori ma chiedo di seguire le regole della menzogna sistematica, quelle di un palcoscenico scadente, di un canovaccio da buttare, di un teatrino sull'orlo del collasso. Chiedo alla "dittatura della merda" di seguire le "regole della merda".
Non chiedo il cielo, chiedo solo il copione.
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